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do pur mi facessi mille giuramenti, non ti crederei.» Giamaspe proruppe di nuovo in lagrime, e pianse così amaramente, che tutti i serpenti furono commossi al suo dolore, e supplicarono la regina di permettergli dir tornare sulla terra; questa, parendo lasciarsi piegare, disse che penserebbe a ciò che dovesse fare. Allora Giamaspe, il quale non sapeva come passar il tempo, pregò la regina di raccontargli la storia del giovane che piangeva tra due tombe. — Eccola,» disse la regina, «qual ei la narrò a Betukia:

«— Mio padre era re di Kabul1; chiamavasi Tigmos, e regnava sopra i Keniscehrani, nazione guerriera composta di diecimila valorosi, ciascuno de’ quali avea sotto il suo dominio cento città e cento castelli. Era mio padre un gran re, ma benchè regnasse da lunghi anni, non aveva figliuoli; laonde fatti chiamare un giorno tutti gli astrologhi de’ suoi stati, per chieder loro se avrebbe o no un figlio ed erede del suo impero, costoro, consultati i libri magici, gli annunziarono che avrebbe un figlio dalla principessa di Khorassan. Tal nuova riempì della più viva gioia il re, il quale congedò gli astrologi, colmandoli di magnifici presenti. Aveva mio padre un visir, primo de’ suoi bravi, chiamato Ainsar, vale a dire l’Occhio della Battaglia. Lo mandò dunque come ambasciatore nel Khorassan per domandare la mano della figlia del re Behrevan, e nulla eguagliava la magnificenza di quell’ambasciata. La fece Tigraos accompagnare da millecinquecento camelli carichi di ricche stoffe, broccati d’oro e pietre preziose, e consegnò in pari tempo al visir uno scritto di propria mano, nel quale gli con-

  1. Kabul o Afghanistan, è un vasto regno dell’Asia, diviso in parecchie province, confinante al nord ed all’ovest colla Persia e la Bukaria, all’ovest ed al sud col Kasgar ed il Belucistan. La popolazione n’è di dieci milioni d’abitanti, che professano l’islamismo.