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vavansi tutte rinchiuse tra quelle due montagne. Belukia li pregò d’indicargli la strada da seguire, ed allorchè essi ebbero compiaciuto alla sua domanda, egli si unse i piedi col succo della pianta del quale avea fatto sì frequente uso, e camminò lievemente sulla superficie di quell’acque sotterranee.

«Aveva già viaggiato in tal modo un giorno ed una notte, quando vide quattro angeli che, come lui, camminavano sulle acque, ed avendoli salutati, li pregò di dirgli chi fossero, d’onde venissero e dove andassero. — Siamo,» quelli risposero, «i quattro ciambellani del cielo, Gabriele, Michele, Rafaelè ed Israfil. Ci rechiamo presentemente, per ordine di Dio, verso l’Oriente, dov’è comparso un mostro tremendo che sparge la desolazione sulla terra, ed andiamo a combatterlo e precipitarlo nell’inferno.» Ammirata quindi la grandezza delle loro ali e l’altezza della statura, egli proseguì il viaggio.

«Venne poi ad un’isola dove trovò un giovane dal volto circondato di luce abbagliante, seduto fra due tombe, e che piangeva amaramente. Belukia gli chiese la cagione delle sue lagrime, e quella domanda non fece che raddoppiare i suoi pianti, nè potè far udire che singhiozzi. Si famigliarizzò infine con Belukia, il quale non mancò di raccontargli tutta la propria storia dal principio alla fine, e poi reiterò la preghiera di narrargli la sua, e perchè piangesse così tra quelle due tombe. Il giovane acconsentì, pregandolo a restare presso di lui sinchè narrate gli avesse le sue avventure....

«— Basta!» sclamò Giamaspe lo Splendore della Fede; «non posso più a lungo resistere alla noia ed all’impazienza: principessa Yemlikha (era questo il nome della regina dei serpenti), lasciatemi tornare sulla terra, e vi giuro che in vita mia non entrerò in nessun bagno.— No!» riprese la regina; «quan-