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— Ciò non può accadere se non per ordine espresso dell’Onnipotente,» rispose Sakhar; «ma se desiderate di vedere frattanto qualche parte de’ miei stati, servitevi d’un mio cavallo che troverete già insellato. Vi porterà sino alle frontiere del mio impero, d’onde uno de’ miei vicerè, chiamato Berakhia, vi scorterà più innanzi. — Quanto è generosa vostra maestà!» sclamò Belukia commosso. Gli fu condotto il corsiero, e lo si avvertì in pari tempo, se voleva star sicuro, di non ispronarlo, nè percuoterlo sulla testa, chè in tal caso era certa la perdita del cavaliere. Belukia salì sul cavallo, e lo lasciò andare a suo grado. Passò davanti alle cucine del re, dove giravano davanti al fuoco spiedi guerniti di mille varietà di carni. Non volendo Sakhar lasciar partire l’ospite senza provvigioni, ordinò di mettergli sul cavallo due pezzi di montone arrostito: indi salutaronsi reciprocamente. Camminò Belukia a lungo sinchè il suo cavallo infine si fermò da sè medesimo negli stati di Berakhia, al quale presentatosi il giovane, lo trovò seduto sur un trono, e circondato di generali, di ministri e di geni. Giunse l’ora del pranzo, e la mensa fu ben imbandita come presso Sakhar. — Da quanto tempo avete lasciato il re Sakhar?» domandò il vicerè. — Due giorni fa. — Non vi siete accorto che, grazie al vostro corsiero, ch’è della razza de’ geni, faceste un cammino di settanta mesi.» Lo pregò poi di narrargli le sue avventure, e lo trattenne due mesi alla sua corte.
«A questo passo, la regina de’ serpenti fu interrotta da Giamaspe, a cui quella storia avea cagionato grande noia. — Fermatevi, di grazia, o regina!» le disse; «Belukia non poteva aver un desiderio più vivo del mio di tornar a casa. Lasciatemi dunque tornare sulla terra. — Acconsento,» rispose la regina; «ma sappi che la mia sorte è legata alla tua,