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raccontato essere una porzione del sole, che staccatasi da quell'astro, cadde nel mare, ed ancora vi produce luce ed oro.» Passata in quel luogo la più magnifica notte, soffregossi le caviglie de’ piedi alla domane mattina, ed entrò nelle regioni del sesto mare.
«Approdò ad un’isola coperta di monti e foreste; ma alcuni di quegli alberi, invece di frutti, portavano teste umane sospese pei capelli; gli altri erano di continuo infiammati, avendo per frutta grandi globi di fuoco: erano gli alberi di Vasfa. Taluni di quei frutti a testa umana sorridevano, gli altri piangevano, e quelli caduti dagli alberi rotolavano per terra. Belukia guardossi dal raccoglierne. — Ecco un bosco singolare,» disse tra sè. E sedette sotto un ’albero sulla spiaggia, per passarvi la notte. Verso mezzanotte uscirono dall’onde le ninfe o figlie del mare, portando ciascuna un diamante che sfavillava come una face. Avvicinatesi all’albero, si misero a ballare, saltare, ed abbandonarsi a mille scherzosi giuochi sino alla mattina, in cui disparvero. Belukia erasi molto dilettato a quelle danze, ma non volendo prolungare il suo soggiorno nell’isola, si unse le caviglie, e progredì al settimo mare.
«Camminava da due mesi, nè aveva ancora scoperto nessun’isola, nessuna montagna, nè scoglio, nè spiaggia veruna: consumate erano le sue provvigioni, d’onde si deve conchiudere che soffrisse la fame; e se non avesse di quando in quando pigliato qualche pesce che nuotava alla superficie dell’acque, sarebbe stato molto da compiangere. Infine, pervenne ad un’ isola, dove finiva il settimo mare, coperta d’una moltitudine d’alberi fruttiferi di tutte le specie. Inoltravasi verso una palma per saziar la fame, allorchè udì d’improvviso una voce che gridava: — Se fai ancora un passo verso quell’albero, sei morto!» Voltosi Belukia per vedere d’onde venisse tal voce,