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Passeggiò Belukia a lungo in tutte le parti, e verso sera sedè appiè d’un albero sulla spiaggia, per mangiar un pesce seccato al sole. D’improvviso scorse una tigre che inoltravasi alla sua volta; quella vista gli cagionò tanto spavento che, senza attendere lo scioglimento dell’avventura, si unse le caviglie dei piedi col succo della pianta, e si mise a correre sul terzo mare.
«Oscura era la notte e l’oceano agitato; cosa che rendeva il cammino estremamente faticoso per un viaggiatore già oppresso di stanchezza. Pure Belukia giunse alfine, verso la mattina, in un’isola dove riposò. Era dessa piena di alberi fruttiferi; ma il maraviglioso è che i frutti crescevano già confettati sugli alberi. Belukia, che amava moltissimo le cose candite, passò l’intiero giorno a mangiare di quei frutti, e compiacendosi assai di quel sito, vi si trattenne quattordici giorni. Ma alla fine, disgustatosi di tutte quelle dolcezze, si soffregò le caviglie de’ piedi col solito succo, ed intraprese il suo viaggio sul quarto mare.
«Dopo parecchi giorni, scopri un’isola la quale altro non era se non uno scoglio di pietra calcare coperto di sabbia bianca, nè su tutta la sua superficie vedeasi un solo albero, un solo stelo d’erba. Vi scorse però un coccodrillo addormentato, che gli tolse affatto la voglia di fermarvisi.
«Trovò nel sesto mare un’isoletta, le cui montagne di cristallo lasciavano scorgere l’oro brillante che accoglievano in seno. Era l’isola coperta d’alti palmizi, i frutti de’ quali pareano d’oro. Alla sera, allorchè la notte cominciò a calare il suo velo, Belukia s’accorse, con grande sorpresa, che la terra diventava tanto risplendente da rimanerne oscurato il cielo. — Ah!» diss’egli; «questa è senz’altro l’isola chiamata de’ Fiori d’oro, e della quale mi fu sì spesso