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si slancia su di lui, l’afferra e lo riduce in cenere. Gettossi Belukir a terra, ed il serpente inoltravasi anche verso di lui per divorarlo, allorchè Iddio, per sua salute, mandò l’angelo Gabriele1. Rialzollo l’angelo, e dopo avergli domandato il suo nome, d’onde veniva e dove andava, gli disse: - Sappi, o Belukia, che non devi salvezza se non al tuo amore per Maometto. Senza tale amore, avresti provata la sorte del tuo compagno di viaggio; ma il fuoco non ha vigore, nè potere su chi ama Maometto. Or va, poichè il tempo in cui il Profeta deve comparire è ancora lontano assai.» Quando Belukia udì quelle parole, pianse amaramente; rammentò il consiglio datogli dalla regina dei serpenti, e pianse la perdita di Offan. Esaminate tutte le maraviglie dell’isola e della montagna, si sdraiò sull’erba ed addormentossi.

«La mattina seguente, soffregatosi col succo della pianta le caviglie dei piedi, si ripose in cammino sui flutti dei sette mari. Incontrò per via un’isola sì bella, che la prese pel paradiso: la terra era di zafferano, le pietre di rubini; le praterie, smaltate di mille fulgidi fiori, esalavano un delizioso profumo; le selve d’aloè ed il mare pieno di canne da zucchero; i ruscelli confondevano il lor grato mormorio ai melodiosi gorgheggi degli augelli; le gazelle folleggiavano saltellando; le tortorelle gemevano teneramente; raccontavansi gli usignuoli l’un l’altro l’amoroso loro

  1. Gabriello, il messaggero della rivelazione, il custode del più santo di tutti, il più grande legislatore, lo spirito santo, il pavone degli angeli, sta nel paradiso sopra l’albero sedretal munteha, l’albero della vita e della scienza. Sei ale, ciascuna composta di sei altre, spiegansi sulle di lui spalle. Altre due gli stanno attaccate sul dorso, ma non le spiega se non quando è mandato qual messaggero dello sdegno del Signore, per rovinare i paesi e sterminare i popoli. Maometto medesimo, al quale non è apparso se non una sola volta In tutto il suo splendore, non potè sostenerne il fulgore, e cadde a terra privo di sensi.