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citò a scegliere una delle sue case per dimora; Alì fu condotto in una bella via ove trovavansi tre case, colle porte e gelosie chiuse; che appartenevano al negoziante. — Potete scegliere,» gli disse allora la sua guida, «fra queste due superbe case. — E perchè ne eccettuate la terza? — Perchè è abitata da spettri e da spiriti malefici, che uccidono tutti quelli che sono abbastanza arditi di passarvi la notte.» Alì, il quale altro non desiderava se non di vedere il termine della sua esistenza, lo pregò di dargli quella casa, e vi si stabilì ad onta degli storni del padrone per dissuader dall’insano disegno. Acconciatovisi comodamente, e fatte le sue abluzioni coll’acqua d’un pozzo che trovavasi in mezzo alla corte, uno schiavo venne a portargli da cena ed i lumi, e levata la mensa, se ne andò, augurandogli d’uscir felicemente da quell’avventura. Alì prese una face, e salì la scala per vedere gli appartamenti del piano superiore; vi trovò una magnifica sala, colla soffitta d’oro ed il pavimento di marmo, e preparatosi il letto, accese un’altra candela, e si mise a leggere il Corano. Ne aveva già recitato alcune surate, quando d’improvviso s’intese chiamare da una voce forte: — Alì, figliuolo d’Hassan, vieni abbasso. — Vieni qua tu,» rispose Alì. Appena aveva pronunziate tali parole, cominciò a piover oro da tutte le parti, sicchè ne fu in breve piena la sala. Allora egli prese il Corano, e disse: — Io ti scongiuro, spirito invisibile, in nome di Dio, di dirmi cosa significa tutto ciò che veggo. — Quest’oro,» rispose la medesima vece, «è incantato, e da gran tempo era destinato a te. Le parole che udisti, io le ho rivolte a tutti quelli che qui dormivano; ma nessuno chiamandosi Alì, erano colti dallo spavento, ed io li metteva a morte. Per nessun altro ordine fuorchè per quello che desti di qui venire io stesso, riconobbi che eri il padrone del tesoro che ti mostrai. Nell’Yemen