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tenta?» La vecchia non cercava di meglio, e la fanciulla la soffregò e l’asciugò tanto bene, che il sonno, risultato ordinario del bagno, s’impadronì de’ suoi sensi. Mentre la vecchia dormiva, Smeraldina prese gli abiti e l’armi dell’assassinato, balzò sul cavallo, e corse di galoppo senza sapere dove andasse. Verso l’alba, trovossi in un luogo deserto, dove non iscorgevasi veruna orma d’abitazione umana. Mangiò radici e frutti salvatici, lasciò pascolare il cavallo, e continuò poscia la sua strada per dieci intieri giorni. L’undecimo, scoprì da lontano una bellissima città, e mentre vi si avvicinava, le venne incontro una moltitudine immensa d’uomini a cavallo ed a piedi, che prosternatisi a lei dinanzi, la salutarono come il loro sultano e re mandato dal favore del cielo. Ciascuno battè le mani, sclamando: Allah, y aosuour es soultan, vale a dire: «Dio conceda la vittoria al sultano! Re del mondo, benedetta sia la vostra venuta!— Che vuol dir ciò?» chiese Smeraldina stupefatta. — Sappiate, o sire,» rispose il gran ciamberlano, «che quando il re di questa città muore senza figliuoli, tutti gli abitanti devono recarsi sulla strada maestra per salutare come re il primo che incontrano; è il mezzo di riconoscere il dito della Provvidenza, la quale così accorda la sovranità a chi più le piace. Sia lodato Iddio che oggi ne dona un monarca come voi; se ci avesse inviata qualche indegna persona, saremmo stati costretti ad accoglierla egualmente e prestarle omaggio. Non crediate,» rispose Smeraldina, «ch’io sia di oscuro lignaggio, essendo anzi d’alto grado; ma disgustatomi colla mia famiglia, risolsi di percorrere il mondo in cerca d’avventure, e veggo d’averne incontrata una che non è da disdegnare.

«Smeraldina fece quindi il sua ingresso trionfale nella città; aperto il tesoro dell’antico re, ne trasse somme ragguardevoli, cui distribuì per guadagnarsi