Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
285 |
tatene novecento al mio padrone, e serbate i cento altri per sovvenire a’ bisogni più urgenti.» Pagò Alisciar i novecento zecchini, e condusse a casa la schiava. In quella dimora più non eravi nè letto, nè sofà, nè tavola, nè stoviglie di cucina: la schiava dunque pregò Alisciar d’andar al mercato a comprare le suppellettili più necessarie, com’ei fece immediatamente.
Smeraldina preparò quindi la camera ed il letto, e prese cura della cucina; poscia passò la sera ed una notte deliziosissima accanto al nuovo suo padrone, che risentiva per lei immenso amore.
«La mattina appresso, Smeraldina si accinse a fare cortine e tappeti. Ne ricamò uno sul quale rappresentò sì abilmente, secondo natura, ogni sorta di quadrupedi, che parevano moversi, ed uccelli con illusione tanto perfetta, che avresti detto di udirli cantare. Nè impiegò più d’otto giorni in quel lavoro, ed allorchè fu finito, mandò il marito al bazar per venderlo, raccomandandogli di star ben in guardia onde non cadere in qualcuno dei lacci che gli si potessero tendere. Alisciar adempì fedelmente l’ordine della schiava, e vissero di tal guisa un intero anno col lavoro delle mani di Smeraldina, senza che la più lieve nube venisse ad offuscare la loro felicità.
«Un giorno che il giovane portava al bazar uno dei bei tappeti lavorati da Smeraldina, incontrò un cristiano che glie ne offerse sessanta zecchini: ma il giovane provando per quel cristiano una segreta avversione, non volle cederglielo, e ne volle sessantacinque zecchini, poi settanta, e portò in fine la domanda sino ai cento zecchini. — Dategli il tappeto,» disse il banditore ad Alisciar; «che male ne può risultare?» Alisciar seguì il consiglio contro propria volontà, e toccò il denaro. Mentre tornava a casa, si avvide che il cristiano lo seguiva ed allorchè fu giunto alla porta l'altro che l’aveva raggiunto, lo