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sco, zoppo e di ributtante deformità, fe’ salire il primitivo prezzo a mille zecchini. Fermossi il banditore un istante; ma tutti quelli che sin allora avevano offerto, si tennero in silenzio. Il banditore chiese al padrone della schiava se doveasi chiudere il contratto al prezzo esibito dal vecchio. — Sì,» rispose quegli, «ma però a condizione che vi acconsenta la schiava, avendole promesso di non venderla se non ad un padrone che le piaccia.» Fu dunque interrogata la schiava, ma appena ebbe veduto il brutto ceffo del vecchio, sclamò:— Dio m’aiuti! non conoscete dunque quel passo d’un antico poeta:

««Io aveva una corte numerosa, era ricco e considerato; ma la mia bella vide i miei capelli canuti; allora, allontanatasi da me, si diede alla fuga. — Lo giuro, dicea, per colui che creò gli uomini dal nulla! i capelli bianchi non son fatti per piacermi, non essendo che cotone bagnato.»»

«— Avete ragione,» dissero il banditore ed il padrone della schiava; «ora vediamo se si presenti qualche altro compratore.» Allora si avvicinò un uomo di molt’anni, ma colla barba tinta per apparire ancor giovane. La schiava improvvisò subito:

«— Digli che si è tinta la barba, e ch’io non amo ciò ch’è falso e preso a prestito. Tingersi, è trasformarsi, ed io abborro le trasformazioni. —

«Si presentò un terzo, ma era guercio in modo spaventoso.

«— Credimi,» improvvisò tosto la schiava, «rimanda quel guercio. Non v’ha nulla a guadagnare in sua compagnia; altrimenti, non avrebbe mai perduto un occhio.

«— Guardate adesso,» disse il banditore, «quello che presentasi per fare la sua offerta.» Era un uomo corto e tarchiato, con una barba che gli scendeva sino alle ginocchia.