scienza, andava a consultare la pia donna intorno alla penitenza da fare ond’espiare le sue infamie, delle quali nutriva sincero pentimento, e sperava per tal intercessione, e mediante un altro tenore di vita, d’ottenere il perdono de’ passati suoi falli. Il delitto di quel miserabile era un omicidio, del quale abbiam dimenticato di riferire a tempo e luogo i particolari. Allorchè la moglie del cadì venne scacciata da Bagdad, e prima d’incontrare il giovane che aveala venduta come schiava, erasi rifuggita nella capanna d’un onesto domator di cavalli, la cui moglie dovevale grandi obbligazioni. Questa buona donna l’accolse colla massima cordialità, la consolò nelle sue disgrazie, ne medicò le piaghe, e volle che restasse con lei sino all’intiero suo ristabilimento. Nè il marito le dimostrava minor interesse. L’infelice esiliata, rimasta alcun tempo sotto l’umile tetto di quella brava gente, aveva alla fine ricuperata la salute e le funeste sue attrattive, quando il conduttor di camelli, del quale abbiam parlato, venne a far visita ai due sposi, e concepì per la straniera una passione violenta che non esitò a dichiararle. Irritato dal rifiuto che n’ebbe, l’amore fè luogo, nel suo cuore, all’odio più ardente, talchè risolse di lavare nel sangue della vittima il ricevuto affronto. Con tal mira, armatosi di pugnale nel cuor della notte, quando tutti furono immersi nel sonno, s’introdusse nella camera dove riposavano, l’una accanto all’altra, la moglie del cadì e la figlia dell’ospite, e nell’oscurità, ferendo lo scellerato a caso, piantò il ferro nel seno della fanciulla, che proruppe in altissimo strido. L’assassino, spaventato, si precipitò fuor della stanza e disparve. Svegliatasi la moglie del cadì, colta da terrore; avvertì gl’infelici genitori, i quali, acceso un lume, volarono in suo soccorso. Ma chi ne potrebbe dipingere il dolore, quando videro spirante