adulterio, se non voleva corrispondere alle ree sue brame. Le quali minacce non produssero verun effetto, talchè costui comprò alcuni testimoni che certificarono aver colta la moglie del cadì in flagrante delitto. E pur troppo riuscirono cotali macchinazioni; la misera donna fu condannata a cento colpi di verghe e ad essere bandita dalla città. Subito ch’ebbe l’ingiusto ed ignominioso trattamento, fu condotta per le vie di Bagdad, in mezzo ai sarcasmi ed ai fischi della plebaglia, cacciata dalla città ed abbandonata alla trista sua sorte. Senza mormorare contro la Provvidenza, rassegnata a’ suoi decreti, risolse di andar alla Mecca a trovare il marito, e giustificarsi con lui, non ponendo ella alcun pregio fuorchè nella stima e nell’amore di quello. Dopo aver viaggiato alcuni giorni, giunse in una città nel momento in cui una folla di popolo circondava il carnefice, il quale trascinava un giovane con una corda al collo. La moglie del cadì informossi di qual delitto fosse accusato, e saputo, che dovea cento pezze d’oro, e che, non potendole pagare, era condannato alla forca, poichè così volea in quella città la legge in castigo de’ debitori insolvibili; ella, tocca da compassione, si offerse di pagare la detta somma, che componeva quasi tutto il suo avere. Il giovane fu subito posto in libertà, e cadendo ai piedi della liberatrice, giurò di consacrarle la vita. Udendo come avesse l’intenzione, di far un pellegrinaggio alla Mecca, le chiese istantemente il permesiso di accompagnarla ed esserle protettore, cosa ch’ella accettò. Partiti adunque in capo ad alcuni giorni, il giovane, sconoscendo le obbligazioni che doveva alla sua salvatrice e spinto da rei desiderii, non temè d’insultarla con oltraggianti proposte. La sfortunata gli rimproverò con dolcezza l’ingratitudine della sua condotta, e colui parve pentirsene; ma la vendetta avea trovato luogo in un cuore che