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zione isolata, in mezzo a montagne deserte, a cui era unico ingresso un’oscura caverna tagliata a scalpello nella viva roccia, ingresso che potea farsi custodire agevolmente da alcuni servi fedeli e devoti. — Passi,» dicea il dervis, «vostra figlia in quella dimora l’anno che veder deve realizzata la predizione che vi minaccia, e se precauzioni umane lottar possono contro il volere della Provvidenza, sarà certo preservata dalla sciagura che temete.» Ma indarno l’uomo cerca di resistere ai decreti dell’Altissimo; egli deve rassegnarsi alle leggi ch’esso gl’impone.

«II mercatante seguì il consiglio dell’amico, e fatte le disposizioni necessarie, partì colla figliuola, col dervis e con alcuni schiavi bianchi e negri di ambo i sessi. A capo d’un mese, giunsero al luogo di loro destinazione. Il mercatante installò la figlia, e riposatosi un giorno, tornò a casa col dervis. In quell’abitazione erasi adunato quanto poteva riuscir utile e grato alla giovane reclusa; schiavi d’ambo i sessi erano rimasti presso di lei per servirla e proteggerla; ma pochi giorni trascorsero ch’ebbe luogo uno di quegli avvenimenti comprovanti l’inutilità delle umane resistenze contro i decreti divini.

«Il principe d’Irak, essendosi in una partita di caccia diviso da’ suoi e smarritosi, trovossi dinanzi alla porta dell’antro che conduceva all’abitazione. I due schiavi negri, che la custodivano, scorgendo uno straniero, gl’ingiunsero d’allontanarsi. Fermò egli il cavallo, e chiese con civiltà ricovero per la notte, insieme ad alcuni rinfreschi, rappresentando di aver smarrita la strada, ed essere spossato di fame e di fatica. Gli schiavi si lasciarono intenerire, colpiti d’altra parte dall’aspetto suo nobile ed imponente. Pensando che da un uomo solo non avevano nulla da temere, lo condussero, per la caverna, nella bella valle dov’era l’abitazione solitaria, ed annunziatola alla