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rito, ma furono imbarazzatissimi intorno alla strada da seguire. Infine, pervenuti alle sponde del mare di Kunnooz, imbarcaronsi sulla prima nave pronta a far vela, e vogarono verso l’isola montuosa di Tukkalla, intorno alla quale il visir di Sciamikh, per ingannare le noie del viaggio, diede al compagno il ragguaglio seguente. « — Sono parecchi secoli che quest’isola era abitata da geni. Una loro principessa, visto un giorno un amabile giovane, figlio d’un emiro del Cairo, che, oppresso dal caldo, dormiva ne’ giardini di suo padre, se ne invaghì perdutamente, e calatogli appresso ed avendolo dolcemente svegliato, mostrò agli attoniti suoi sguardi una bella persona che sembrava richiamare gli omaggi. Fra poco i due giovani giuraronsi amore e fedeltà. Dopo alcune ore di delizioso colloquio, la principessa volse i saluti all’amante, e sollevossi nell’aria, promettendo di rivederlo tra breve. La felice avventura gettò il figlio dell’emiro in una meditazione profonda, che durava ancora ben dopo il tramonto; talchè i suoi genitori, non veggendolo tornare e temendo non gli fosse accaduto qualche sinistro, mandarono famigliari per ricondurlo al palazzo; ma egli ricusò di rientrare in casa, e parlava loro della sua amante con sì poca assennatezza, ch’eglino, stimandolo pazzo, lo presero e lo accompagnarono al palazzo di viva forza. Desolati il padre e la madre, sollecitaronlo invano a dissipare le sue folli chimere; il giovane, senza nulla rispondere, nè uscire dalla sua malinconia, li lasciò bruscamente, e ritirossi nella propria stanza, aspettando con impazienza il giorno, e ripromettendosi di tornare al fortunato luogo, dove l’ammaliatrice avevagli promesso di rivederlo.

«Allo spuntar dell’aurora, corse il giovane al giardino, dove non tardò a raggiungerlo la sua di-