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lo!» E così fu, come gli altri due, preso dalle guardie, condotto al palazzo, e trattato con ogni riguardo e bontà. Alcuni giorni dopo, il sultano ed il visir, la cui figlia era stata con trentanove dame sì destramente rapita dalla nostra eroina, giunti alla porta del caravanserraglio, e vista la statua, sclamarono ad una voce: — Ecco quella che ci ha privati de’ nostri figliuoli! Ah! se potessimo trovarla, e vendicarci della sua perfidia!» Pronunciate appena le quali parole, furono i due viaggiatori presi, condotti alla reggia, e trattati in guisa competente alla loro dignità. In fine, anche il capo dei masnadieri, che viaggiava colla speranza di pervenire alla tanto agognata vendetta, giunse per caso davanti la porta del caravanserraglio, e volti gli occhi sulla statua: — Ah! eccola,» sclamò, coll’accento della rabbia; «ecco il ritratto di quella donna indegna. Ah! con qual piacere laverei nel suo sangue l’assassinio de’ miei compagni!» Mentre diceva così, le guardie, scagliatesegli addosso, legarongli piedi e mani, conducendolo al palazzo, dove fu gettato nel più nero carcere e nutrito degli alimenti più grossolani.

«Avendo pertanto il finto sultano in suo potere tutte le persone che desiderava, se le fece comparire davanti un giorno che, salito sul trono, dava pubblica udienza. Allorchè i sei prigionieri le ebbero presentati gli omaggi, l’eroina comandò loro di dichiarare il motivo che li aveva condotti nella sua capitale; ma la presenza del monarca impose loro sì che niuno fu in grado di proferire una parola. — Poichè non volete dirlo,» gridò la sovrana, «parlerò io per voi.» E qui in fatti, con altissimo stupore di tutti, raccontò le proprie avventure ed i motivi del loro viaggio. Si fece poi conoscere, e gettatasi nelle braccia del padre e dell’amante, è facile concepire qual fosse la maraviglia ed il contento loro. Il sul-