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l’eroina e le sue compagne, volteggiò alquanto sul capo della travestita donzella, e quindi le si posò sulla spalla, gettando un alto strido e battendo le ali. A tal vista, visiri e cortigiani chinaronsi con rispetto, ed il popolo prosternossi gridando: — Viva il nuovo nostro sultano, l’eletto della Provvidenza, il prescelto dal destino.» L’eroina fu subito condotta al palazzo, posta sur un trono superbo, e proclamata in mezzo agli applausi universali. Nè quivi l’abbandonava la sua capacità, nè rimase minore a’ nuovi doveri, cui doveva adempiere.
«Poco dopo, il visir esibì al preteso sultano la figliuola, la quale fu accettata, e si celebrarono le nozze colla maggior magnificenza. Ma come dipingere lo sbalordimento della giovane, allorchè il sultano, ritiratosi con lei, invece di farle quell’accoglienza, che aveva sperato, rimase freddo ed insensibile, e passò lontano da lei la notte in preghiere. Alla mattina, interrogata dalla madre, la sultana le dichiarò la condotta dello sposo; quella l’attribuì a timidità, prodotta dall’estrema gioventù del principe, e consolò la figliuola. Ma essendo passate varie notti a quel modo, la sposa, offesa di tanta freddezza, non seppe più a lungo frenare il duolo, e disse a quel suo singolare marito: — Sire, se vi dispiaccio, perchè mi accettaste in consorte? E se così non è, se la freddezza vostra proviene da qualche causa segreta, ditelo apertamente, ch’io cesserò dal lagnarmi, e piangerò la mia disgrazia in segreto.» Commossa dalla dolcezza del rimprovero, l’eroina le rispose: — Amabile e virtuosa principessa, volesse Iddio ch’io fossi del sesso del quale mi supponete; ma, oimè! sono una donna, in preda, come voi, ad un amore infelice.» Allora le narrò le due avventure dacchè aveva abbandonata la casa paterna; la figlia del visir prese sì tenero interesse alla posizione della giovane dama che le giu-