Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/236


218

gridò poi; «ti scongiuro, per l’Onnipotente e pei vincoli che ci uniscono, di eseguire l’ultima mia volontà, poichè fra un’ora avrò raggiunto quella ch’io amava. Adempi ad un sacro dovere, e raccogli in una medesima tomba le sue e le mie spoglie.» Ciò detto, si ritirò in un canto della tenda, e passò un’ora in preghiere; poi uscì, e feritosi nel petto, mandando lunghissimi gemiti, esalò l’ultimo respiro con tali parole: — Ti seguo... mia diletta... ti... se...guo.» L’orrendo spettacolo mi lacerò l’anima; stetti alcun tempo senza aver la forza di compiere l’ultima volontà del mio sventurato parente: ma infine, fatto uno sforzo su me medesimo, la eseguii; resi alla terra le reliquie di que’ due infelici, e rimasto colà tre giorni pregando, tornai alla mia abitazione. Da quel tempo non ho lasciato scorrere un anno senza visitare la tomba dei due amanti, e senza innalzare all’Onnipotente fervidi voti pel riposo delle anime loro.» Schahriar fu oltremodo commosso di quella breve storia, e permise alla consorte di cominciarne un’altra la notte successiva.


NOTTE DXCI


GLI AMANTI DI SIRIA O L’EROINA.


— Vivevano tempo fa nella città di Damasco due fratelli,» cominciò la sultana delle Indie; «il primo, ch’era povero, aveva un figlio; il secondo, opulen-