tempo rimasi in quello stato; ma quando risensai, il sole era già alla metà del suo corso, ed io mi trovai in un prato sparso d’alberi, dove una fresca verzura, smaltata di fiori, lasciava il varco ad un limpido ruscello; se unirete a ciò gli uccelli, i cui gorgheggi formavano una dolce melodia, avrete un’idea di quel magico soggiorno. Per uscirne e trovare una via, attraversai un boschetto sì folto, che fui costretto a scendere dal camello, e condurlo per la briglia sinchè ne fossi fuori. Allora tornai a salirvi, ma senza sapere da qual parte la Provvidenza guiderebbe i miei passi. Così entrato in un deserto, spaziava la vista sul vasto orizzonte che mi si stendeva davanti, allorchè, scorto un fumo che oscurava lo spazio, sollecitai il camello da quella parte, e giunsi ad una magnifica tenda, presso cui ardeva un gran fuoco. Cavalli e pecore pascolavano intorno, ed io rimasi maravigliato di trovare in una pianura deserta un campo di sì bell’apparenza. Mi avvicinai quindi all’ingresso, gridando: — Salve, abitanti di questa tenda; Dio vi conceda la salute, e v’abbia misericordia!». Tosto ne uscì un giovane dell’età di circa diciannove anni, pieno di grazia, e la cui fisonomia dimostrava valore e benevolenza. Reso che m’ebbe il saluto: — Fratello,» disse, «tu hai senza dubbio smarrita la strada? — Sì,» risposi, «ti prego d’indicarmela, e Dio ti ricompensi! — Se tu volessi proseguire il cammino con questa notte terribile,» ripres’egli, «non saresti sicuro dalle fiere; entra nella mia abitazione, e resta qui sino a domani: vi troverai il riposo e la quiete, ed allo spuntar del giorno t’insegnerà la tua strada.» Accettai. Egli, preso il mio camello, lo legò ad un palo, e gli porse acqua e foraggio; poi, assentatosi per brevi istanti, tornò con un mezzo montone che fece arrostire, dopo averlo preparato con aromati e spezierie, ed invitommi a prender parte a quel pasto frugale.