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camelli, con due ceste ciascuno, tornò a riempirle dei tesori, che portò a casa dopo aver colmata la cavità del monte.»

NOTTE DXC

— «La mattina appresso, Abu-Niut si recò alla reggia colle sue ricchezze, ed entrato nella corte del consiglio, dove il sultano l’attendeva, e fattogli un profondo inchino: — Sire,» gli disse, «scendete un momento per esaminare la dote della principessa.»

Alzossì il principe, discese, e messi che si furono in ginocchio i camelli, visitò le ceste, rimanendo talmente abbagliato dallo splendore di quelle pietre, superiori d’assai alle sue, che non potè trattenersi dall’esclamare: — Per Dio! i tesori di tutti i sultani dell’universo non potrebbero presentare gioie simili a queste.» Rinvenuto dallo stupore, consultò i ministri sulla condotta da tenere con Abu-Niut, e tutti furono d’avviso che si dovesse senza ritardo accordargli la mano della principessa. Furono adunque celebrati subito gli sponsali con gran pompa, e tanto bene si condusse il genero nella nuova dignità, che il sultano l’incaricò di tenere in sua vece le pubbliche udienze, e giudicare le liti tre volte la settimana.

«Era Abu-Niut da qualche tempo al potere, allorchè un giorno che, sotto il peristilio magnifico d’un suo castello di campagna, dava udienza, scorse nella folla un uomo coperto di cenci, e che in aria mesta gridava: — O voi, fedeli credenti, uomini caritatevo-