sarebbero subito eseguiti dagli schiavi dell’anello. Lieto il giovane della preziosa scoperta, pensava all’uso da fare del suo tesoro, allorchè passò per caso davanti al palazzo del re, alla cui porta stavano sospesi parecchi teschi umani. Chiestane la ragione, gli fu risposto esser quelle le teste dei principi, i quali, non avendo potuto adempiere alle condizioni sotto le quali offrìvasi loro in matrimonio la figliuola del sultano, avean subito la sorte cui eransi da sè medesimi dannati. Coll’aiuto del possente suo talismano, sperò il giovane di essere più felice di quelli, e risolse di chiedere la mano della principessa. Soffregato pertanto l’anello, e fattasi sul momento udire la voce, egli comandò di recargli un ricco abito, il che tosto eseguito, lo indossò, presentossi al palazzo, e fattosi introdurre dal re, gli palesò il pericoloso motivo che lo conduceva. Acconsentì il monarca alle sue brame, sotto la condizione però che sarebbe messo a morte se non riusciva, a spostare un’alta ed enorme montagna di sabbia posta in un angolo del palazzo, prova indispensabile per divenirgli genero. Il pescatore accettò, ma chiese quaranta giorni di tempo per compiere quel trasporto, cosa che gli fu concessa. Tornato a casa, fregò l’anello, e comandò ai geni di far iscomparire la montagna, erigervi in sua vece un palazzo magnifico, e disporlo convenevolmente per dimora reale. In quindici giorni ogni cosa fu all’ordine. Allora sposò la principessa, e fu dichiarato erede del trono.»