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«Dopo parecchie ore di rapidissimo volo, discesero a terra, ed il principe trovossi nel regno de’ Kaffi, presso al giardino delle sue brame, dove, percorsi tutti i luoghi all’intorno, ei vide boschetti ombrosi, odoriferi albereti, ruscelli serpeggianti in mezzo a praterie smaltate di fiori, ed uccelli bellissimi che empivano l’aere di melodiosi canti.— Ecco l’oggetto delle tue ricerche,» gli disse il buon genio; «entra nel giardino.» Ed immantinenti, lasciata la guida, e passando per la porta, che trovavasi aperta, entrò, e vagando qua e là per tutti i lati, scorse in breve, appese ai rami degli arboscelli, varie gabbie, entro le quali stavano in gran numero leggiadrissimi uccelli di varie specie, ed ogni gabbia ne conteneva due.

«Impossessatosi il principe d’una di quelle gabbie, vi chiuse sei di que’ graziosi animaletti, e disponevasi a lasciare il giardino colla conquista, quando sulla porta incontrò un soldato, il quale si mise a gridare a tutta gola: — Al ladro! al ladro!» Accorse molte guardie alla voce di costui, precipitaronsi sul principe, lo pigliarono, e legategli le mani, lo condussero davanti al sultano, al quale denunziarono il delitto dello straniero. - Giovane,» disse il re, volgendosi al principe, «chi ti ha potuto indurre a violare così la mia proprietà?» Il principe taceva. — Giovane insensato,» sclamò allora il sultano, «tu meriti la morte; tuttavia acconsento a dirti grazie e lasciarti quegli uccelli che hanno suscitato i colpevoli tuoi desiderii, se sai recarmi dall’isola Nera alcuni de’ suoi grappoli d’uve composti di smeraldi e diamanti; aggiungerò anzi in tal caso sei altri uccelli a quelli che già prendesti» Sì dicendo, lo fece mettere in libertà, ed il giovane principe volò a trovare il vecchio genio per informarlo dell’infelice esito della sua avventura. — Facile è l’impresa,» rispose questi; «monta sulle mie spalle. —