Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/190


176


pericolo, si mise a gridare: — Sol da te, o mio Dio, attendo soccorso! da te che preservi i tuoi fedeli dalle trame dei perfidi.» E la sua prece fu esaudìta; toccato coi piedi il fondo del serbatoio, potè, senza andar sommerso, ritirarsi in una nicchia, dove, sedendo, riprese fiato. Ma appena vi fu, udì due persone discorrere insieme. — V’ha qui accanto a noi qualche mortale,» diceva una. — Sì,» rispondeva l’altra, «è il minore dei figli del nostro virtuoso sultano. Vittima del più nero tradimento, dopo avere liberato i due altri fratelli da un incantesimo che per loro sarebbe stato eterno, fu indegnamente precipitato dagl’ingrati in queste acque. — Ebbene!» la prima voce replicò; «ei può facilmente salvarsi, portando in dito un anello, cui basta ch’egli freghi perchè apparisca alla sua presenza un genio, pronto ad eseguire tutti i suoi ordini. —

«Intese il giovane siffatte parole, stropicciò l’anello, e subito comparve un buon genio, il quale si fece a dirgli: — Principe, che cosa volete? — Tende, camelli, schiavi, quanto insomma occorre ad un par mio. — Tutto è pronto,» rispose il genio; e trattolo nello stesso tempo fuor della nicchia, lo trasportò in mezzo ad un campo, ove numerose truppe ed una comitiva magnifica lo ricevettero con trasporti di allegrezza. Il principe diede allora il segnale della partenza, e dirigendosi alla capitale paterna, giunto in vicinanza della città, fece erigere le tende nella pianura, gli schiavi adacquarono il suolo per ammorzarne la polvere, ed i cuochi accesero il fuoco, talchè innalzandosi un denso fumo che copriva la campagna, spaventati i cittadini dell’accamparsi di quell’esercito straniero, immaginarono che un nemico possente venisse ad assalirli. Portatane pertanto la notizia al sultano, questi, lungi dall’inquietarsi, ne provò un piacere di cui non sapeva render conto a sè medesi-