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l’un l’altro: — Quando arriveremo nella capitale, il popolo maraviglierà che i due fratelli maggiori siano stati salvati dal minore. —
«Questi intanto, procuratisi cavalli, camelli e vetture per sè e pe’ fratelli, incamminossi al paese natio, progredendo a piccole giornate verso la capitale de gli stati paterni, ad un giorno di distanza dalla quale trovata una cisterna di marmo, fece erigere le tende sulle sue sponde, coll’idea di passarvi la notte, in mezzo ai piaceri d’un banchetto. Fu dunque preparata una lauta cena, ed i principi rimasero insieme sinchè giunse l’ora del riposo. Ritiraronsi allora nelle rispettive tende, ed il più giovane si coricò, avendo in dito l’anello trovato nella gabbia dell’usignuolo. «Stimando i due maggiori favorevole l’occasione per disfarsi del generoso loro liberatore, alzaronsi nel bel mezzo della notte, e preso il fratello, lo gettarono nella cisterna, tornando quindi alle tende senza essere veduti. La mattina, ordinarono la partenza: furon levate le tende, caricati i camelli; poi alcuni del seguito, non vedendo comparire il giovane principe, chiesero cosa ne fosse stato. Risposero i fratelli che, essendo ancora addormentato, non voleano disturbarne il riposo; accontentatisi coloro di tale risposta, i principi, proseguito il cammino, giunsero al palazzo reale. Il sultano, lieto del loro ritorno, non vedendo però il minore, ne chiese conto tutto agitato; gli altri risposero di non saperne nulla ed ignorare per sino ch’ei fosse andato in cerca dell’uccello ch’essi recavano. Il vecchio monarca, che amava teneramente il suo più giovane figliuolo, a tal nuova cadde in profonda afflizione, — Aimè!» sclamò dolorosamente; «ho perduta la felicità e la consolazione dei cadenti miei giorni! —
«Ma torniamo al giovane principe.... Quando lo gettarono nella cisterna, ei si destò, e vedutosi in