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camminò senza soffermarsi sino alla dimora del l’usignolo, presso la quale i fratelli stavano cangiati in istatue. Al tramonto del sole, cominciò l’insidioso animaletto il solito lamento; ma il principe, sospettando di frode, si guardò bene dal parlare, talchè infine ritiratosi l’uccello nella sua gabbia, si addormentò. Allora il giovane, che spiava il momento, ne chiuse l’usciuolo. Al rumore che fece, destatosi l’usignuolo, e vedendosi preso: — Hai vinto,» disse, «illustre figlio di possente sultano; distrutto è l’incanto. — Ora spiegami,» gridò il principe, «per qual mezzo hai tu incantata quella moltitudine di viaggiatori che qui veggo intorno trasformati in altrettanti marmi, ed insegnami come possa io far cessare l’incantesimo. — Vedi laggiù,» rispose l’uccello, «que’ due mucchi di terra, turchino l’uno, l’altro bianco? il primo opera, distrugge il secondo la metamorfosi.» Allora il principe volò immediatamente a raccogliere molti pugni della terra bianca, ed avendone sparsa su tutte le statue, animaronsi esse sul momento e ripresero le primiere forme. Gettatosi quindi il giovane nelle braccia de’ fratelli, ricevette i loro ringraziamenti, insieme a quelli de’ figliuoli di molti sultani, emiri ed altri grandi personaggi, ai quali aveva per tal modo resa la vita, e che gli palesarono esservi, in vicinanza a quel luogo fatale, una città, tutti i cui abitanti erano stati, com’essi, convertiti in pietre. Vi si recò egli pertanto, e li sciolse dall’incantesimo. Il popolo, pieno di riconoscenza, gli fece ricchissimi donativi, e volea eleggerlo a suo re; ma egli rifiutò, e partì coi fratelli, impaziente di ricondurli al vecchio genitore. «I due principi, benchè dovessero al germano la vita, divennero invidiosi dei presenti ricevuti e della ragguardevole fama cui era per salire in patria dopo il compimento di quella gloriosa impresa, e diceansi