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verso il tramonto, ed allorchè trovavasi presso qualcheduno, gridava con voce lamentevole:— Chi di voi dirà ad un povero uccelletto errante: Alberga qui?» E se la persona rispondeva: — Vieni ad albergar qui, povero uccello!» subito accorreva, e roteandole intorno alla testa, vi spargeva sopra certa terra che portava nel becco, onde il curioso restava cangiato in pietra sull’istante. Tale fu la sorte del principe infelice.

«Appena il giovane viaggiatore ebbe subita quella metamorfosi, l’anello strinse il dito al secondogenito. — Aimè!» sclamò questi; «mio fratello non è più; ma voglio andarne in cerca, nè prenderò riposo, sinchè non abbia scoperto il suo destino.» Le istanze dei genitori per trattenerlo furono vane, e rimesso prima in dito del minor fratello il talismano, partì, ed in poco tempo giunse al luogo in cui, stava l’usignuolo. Quel perfido animaletto, co’ suoi insidiosi lamenti, avendogli fatto pronunziare le parole alberga qui, gli sparse sul capo la terra, e così il misero rimase anch’esso pietrificato.

«Il minore de’ fratelli stava a tavola col padre, quando l’anello lo strinse sì forte da cagionargli un vivo dolore; egli balzò allora subito in piedi, sclamando: — Rispettiamo i decreti di Dio; mio fratello è morto!» Il vecchio sultano, afflittissimo, già versava copiose lagrime, quando l’ultimo suo figliuolo gli annunziò di voler andare in soccorso dei germani, dividerne la sorte. — Ah, figlio mio!» gridò il vecchio, abbracciandolo; «non sono già abbastanza, infelice d’aver perduto i due altri tuoi fratelli? E tu pure vuoi correre alla morte? Deh, non abbandonarmi, te ne scongiuro! — Padre, «rispose il giovane, «troppo sacro è il dovere che debbo adempiere, ed il timor della morte non può trattenermi.»

E partito ad onta dei gemiti e del pianto dei genitori,