Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/183


169


cante, lo trattenesse sempre entro i limiti del rispetto. — Mi ami tu davvero?» gli chiese allora Kut-al-Kolob. — Puoi dubitarne? Sei la mia vita, la luce degli occhi miei. — Se così è, prendi questo monile, e quando, durante il lavoro, penserai a me, guardalo; e ti consolerà sino al tuo ritorno a casa. —

«Il pescatore obbedì, recossi all’edifizio, e veduto dal sultano e dal Visir, che invigilavano gli operai, il principe gli domandò se avesse d’uopo di lavoro, e sulla sua affermativa, fu impiegato. Si accinse dunque all’opera ma aveva tanto occupato lo spirito della sua diletta, che abbandonava ogni momento gli arnesi dell’arte per cavar il monile, e tener fitti gli occhi su quel prezioso gioiello mandando profondi sospiri. Notollo il principe, e disse al ministro: -Quell’uomo è forse più infelice di me: chiamiamolo, e sentiamo il soggetto de’ suoi guai.» Il visir lo condusse dunque davanti al sultano, e lo sollecitò a manifestare con fiducia la causa de’ suoi spasimi. — Aimè!» rispos’egli; «mi trovo lontano dalla mia diletta. Essa mi diede questa collana per rimirarla ogni qualvolta pensassi a lei, ed il mio cuore me la rammenta sì spesso, che non posso frenarmi dal sospendere il lavoro per ammirar di continuo questo pegno di sua bontà. —

«Il sultano allora riconobbe il monile da lui pagato mille pezze d’oro per Kut-al-Kolob; ma seppe celare la propria emozione, e chiese al pescatore a chi appartenesse quel gioiello. - È della mia schiava,» rispose, «che ho comprata per cento pezze d’oro. — È dunque molto bella? Guidaci alla tua casa, affinchè possiamo aver il piacere di vederla. — Temo che la sua modestia nol soffra, ma gliene domanderò il permesso, e se acconsente, v’inviterò a casa mia. — La precauzione è giusta, e non v’ha nulla da dire in contrario;» riprese il sultano, giulivo d’aver trovata la tanto pianta donzella.