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tutte le altre del trionfo della rivale, risolse di perderla. La partenza del sultano per una caccia, che doveva durare venti giorni, le presentava favorevole occasione di colorire il suo disegno. Due giorni dopo partito il principe, la sultana invitò Kut-al-Kolob al convito, e posto un possente narcotico nel sorbetto, glielo presentò. Sì pronto ne fu l’effetto, che la favorita cadde immantinente in letargico sonno. Allora, la sultana la pose in un baule, facendolo dare ad un rigattiere con ordine di venderlo per cento pezze d’oro, senza lanciar esaminare cosa racchiudesse. Sperava ella che chi lo comprasse, dovesse rimanere tanto abbagliato dai vezzi della bella Kut-al-Kolob, da voler godere in segreto della sua buona ventura, e così liberarsi dalla rivale senza commettere un assassinio.

«Tornato intanto il sultano dalla caccia, prima sua cura, entrando nella reggia, fu di domandare della favorita; allora la sultana, accostandosegli con affettato dolore: — Aimè! sire,» gli disse, e la bella e tenera Kut-al-Kolobt incapace di sopportare le pene della lontananza, cadde malata tre giorni dopo la vostra partenza, e dopo aver sofferto un’intiera settimana, ci venne rapita pel volere dell’Onnipossente.» A sì dolorosa nuova, il sultano si strusse in lagrime, abbandonandosi alla più violenta disperazione. Alla domane, fatto chiamare il visir, gli ordinò di cercar sulla spiaggia del mare un luogo opportuno ad erigervi un monumento in cui egli potesse ritirarsi a piangere in libertà la sua diletta. — Sire,» rispose il ministro, «i vostri ordini saranno eseguiti.» E condotto seco un architetto, scelse un sito ameno, dove ordinò di segnare uno spazio lungo cento cubiti e largo settanta, nel quale costruire l’edifizio meditato. Raccolti immediatamente i materiali necessarii di pietre e di marmi, cominciaronsi i lavori, che il visir dirigeva in persona, essendo il sultano venuto