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«Allora l’uccello immortale, aprendo gli artigli, lasciò cadere sul padre e sul figlio due enormi pietre loro serbate, e con voce terribile, che scosse perfino i minareti, fe’ udire codeste parole: — Gloria a Dio! Guai ai tiranni ed ai loro complici. —

«Gli spettatori, atterriti a tal portento, applicaronsi la minaccia, e prosternatisi al suolo, e chiesto perdono della loro ribellione, fecero, alzandosi, eccheggiare la piazza delle ripetute grida: — Viva il sultano Safeddin Alì! I cuori de’ suoi schiavi sono nelle sue mani; che le teste de’ suoi nemici gli stiano sotto la pianta dei piedi!

«A questi segni di pentimento, che il simorgo aspettava, egli tornò volando alla montagna di Kaf; gli uccelli turchini, slacciatisi, lo seguirono. La nube che circondava il carro dissipandosi, si vide comparire il legittimo sultano ed il favorito del Profeta. Safeddin andò a sedere sul trono che i suoi infedeli sudditi avevano innalzato per Schabur. Colà, volgendo su di essi uno sguardo severo, quel buon principe ebbe pietà della confusione e dello spavento loro, e fe’ segno allo scheik, in piedi sul palco, di rassicurare le atterrite turbe.

«— Musulmani,» disse allora il saggio Ibrahim, «Allah ed il sultano conoscono la sincerità del vostro pentimento: essi v’amano e vi perdonano. Ricordatevi della colpa che degnaronsi dimenticare, e ciò siavi nuovo soggetto di fedeltà; e voi, sublime sultano, fate servire alla comune felicità le virtù ed i lumi impartitivi dal cielo; ma diffidate delle illusioni della saggezza umana, che s’imbarazza nelle proprie sottigliezze, e attira le sciagure, per le precauzioni stesse che prende onde guardarsene. Siate prudente senza orgoglio, e quando avrete fatto quanto da voi dipende, aspettate tutto dal cielo, come se nulla aveste fatto. —