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assegnando ad esse un seguito ed appartamenti convenienti al loro grado, ed inviò al sultano loro genitore vari corrieri per fargli noto che si trovavano in luogo di sicurtà. Quei messaggeri di buon augurio adoperarono la massima sollecitudine, e giunti nella capitale ed introdotti alla presenza del sultano, consegnatigli i dispacci, quel principe, non appena li ebbe letti, mandò un grido di gioia, e cadde privo di sensi. Gli schiavi, atterriti, lo rialzarono, prodigandogli soccorsi d’ogni sorta; allorchè tornò in sè, manifestò a tutta la corte che la sultana e le figliuole erano trovate, e fece preparare una nave per ricondurle ne’ propri stati.

«Allestita la nave del necessario alle principesse, vi fu unito un ricco dono pel principe generoso che le avea protette; partì quindi con vento favorevole, ed in breve giunse al porto desiderato. Il capitano venne accolto con somma benevolenza dal re, il quale ordinò di trattar lui e tutto il suo equipaggio a spese del tesoro reale. In capo a tre giorni, la sultana e le sue figlie, impazienti di tornare in patria dopo sì lunga e dolorosa assenza, preso dall’augusto ospite commiato, e ricevuti da lui magnifici regali, s’imbarcarono, e la nave salpò con prospero vento. Per tre giorni secondò il tempo i loro voti; ma verso la sera del terzo, fattosi contrario, furono costretti a gettar l’ancora ed ammainare le vele. Tosto scatenasi una violentissima tempesta: staccata l’ancora, e spezzati gli alberi, l’equipaggio si stimò perduto senza riparo. La nave, in balia dell’onde e della burrasca, fra i pianti e le grida disperate dei passeggeri, andò finalmente, verso mezzanotte, ad urtare, sugli scogli, dove si ruppe in mille pezzi. Gran parte dell’equipaggio perì; altri, più fortunati, raggiunsero la spiaggia chi sopra tavole, chi sopra casse o sui frantumi del naviglio; ma tutti rimasero divisi gli uni dagli altri.