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«v’ha rifugiò se non in grembo all’Onnipossente; è da Dio che siam venuti, ed a Dio dobbiam tornare. Ma prima di darci la morte, udite, e riferite al mio sposo che l’infame visir mi ha falsamente accusata; egli, egli solo è il reo. Ci narrò poscia tutti gli sforzi fatti dal ministro per sedurla, ed in qual modo avesse trattato le latrici de’ suoi nefandi messaggi. — E voi aveste la barbarie d’immolarle? gridò il sultano fuor di sè. — No, o sire; eravamo sì convinti dell’innocenza della principessa, che non potemmo risolverci al crudele sacrificio.» Raccontarono allora al sultano tutto l’occorso, ed in qual guisa avessero abbandonata la sultana e le figliuole in mezzo al deserto.

«Or come dipingere la rabbia del sultano all’udire il racconto de’ due fedeli servi? — Infame traditore,» sclamò, volgendosi al visir, «così dunque mi dividesti, al certo per sempre, da mia moglie e dalle mie figliuole?». Confuso il ministro non rispose una sola parola, e restò come impietrito. Ma il principe ordinò di accendere nel medesimo istante un immenso rogo, e precipitare nelle fiamme il visir, coi piedi e le mani legate, che rimase tosto consunto e ridotto in cenere. Atterrata ne fu la casa, se ne confiscarono le ricchezze, e le donne del suo serraglio, come pure i figliuoli, vennero venduti all’incanto»

«Ma torniamo alle tre principesso ed alla loro madre. Udite che il sultano n’ebbe le avventure, si sentì vivamente commosso dalle loro disgrazie, maravigliando inoltre perchè le avessero sopportate con tanto coraggio è rassegnazione. — Qual funesta sorte era mai loro riserbata!» disse al suo visir; «ma benedetto sia Iddio, il quale nello stesso modo che può separarci dagli esseri a noi più cari, può anche, quando gli piaccia, riunirci.» E fe’ condurre al proprio palazzo la sultana e lo figliuole,