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dervis, la cui munificenza le svelava il di fui grado e la qualità, talchè comunicato alla madre ed alle sorelle il proprio pensiero, tutte e tre prosternaronsi davanti al re. — Siamo certamente scoperti,» disse questi al visir e voltosi a quelle dame: «Noi non siamo che due poveri dervis, e ci trattate con un rispetto che non si deve fuorchè ai sovrani; ricomponetevi, ve ne scongiuro.» La giovane sorella allora prosternossi di nuovo, e cantò i seguenti versi:

«-«Possa la felicità seguirti mai sempre a dispetto e della malignità e dell’invidia! Possano i giorni e tuoi scorrere sereni, e tristi quelli dei tuoi nemici!»-»

«— Sì, tu sei il sultano, ed il compagno tuo è il visir, non posso dubitarne; — Chi ve lo può far credere? — Le nobili maniere e la generosità vostra: un re può travestirsi, ma il grado reale sì palesa sempre. — Non vi siete ingannata; sono il sultano. Ma perchè siete sole in questa casa, senza marito nè protettore? — Sì straordinaria è la nostra storia, che meriterebbe d’essere incisa sul diamante per servire d’esempio alla posterità, e giacchè mostrate desiderio di conoscerla, m’accingo a narrarla.

STORIA DELLE TRE SORELLE

E DELLA SULTANA LORO MADRE.

«— Noi siamo straniere; il paese d’Yrak ci vide nascere: colà regnava nostro padre. La sua compagna, la tenera nostra genitrice, era la più bella donna del suo tempo, e tal avvenenza l’aveva resa famosa, anche sin nelle più lontane regioni. Eravamo ancora giovanissime, quando nostro padre si assentò