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sovrano,» replicò la giovane; «ma si è egli preso l’incomodo di conoscere la nostra posizione? Sa egli se noi ci troviamo nell’abbondanza o nella miseria? — Se però,» riprese il visir, «vi mandasse a cercare, e v’interrogasse intorno alla vostra obbedienza a’ suoi ordini, che cosa direste per iscusarvi? — Gli direi che ha offeso la legge divina. «Accostatosi il visir al sultano, gli disse all’orecchio: — Non discutiamo più oltre con questa giovanotta su punti di legge e di coscienza, perocchè ella mi sembra troppo ben istruita. Domandiamole piuttosto se ama lo arti belle.» Promosse il sultano la questione: la giovane rispose che sapeva un po’ di tutto, e preso il liuto, preludendo con accento flebile, cantò le parole seguenti:

«-«Deve il suddito obbedienza al suo sovrano; ma il principe che vuol regnar lungo tempo, deve guadagnarsi colla bontà l’affetto de’ popoli. Sii grande e generoso, ed i tuoi sudditi pregheranno per te; poichè l’uomo libero può solo sentire la riconoscenza.

««L’uomo ricorrerà sempre a chi dispensa benefizi, poichè la bontà è attraente.

««Non attristate l’uom d’ingegno con un rifiuto, che un animo generoso s’irrita contro l’avarizia ed il disprezzo.

««La decima parte appena degli uomini sa comprendere il giusto, tanto la natura umana è ignorante, ribelle ed ingrata.»-»

«Tali sensi della giovanetta immersero il sultano in una profonda meditazione. — Avvi in ciò che ho udito,» disse al visir, «qualche allusione che mi è rivolta. Son certo che siamo conosciuti; tutto ciò che dicono queste ragazze me lo prova pur troppo. La vostra musica,» soggiunse indi alla giovane cantatrice, «la maniera dolcissima onde la eseguite, la bella vo-