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sero sgomentati, o corsero a prevenirne la padrona, la quale, chiesto al ministro di quali ordini fosse latore, e sentendo come il sultano desiderava che si riconciliasse collo sposo, rispose esser suo dovere di obbedire alle reali brame; laonde il giovane fu ricongiunto alla sua donna, ch’era figlia d’un antico sultano del Cairo, e fatto prudente, visse poi sempre felice colla tenera e gelosa sua metà.»
Qui finì Scheherazade la novella con sommo dispiacere del consorte; essa gli promise di narrargli la notte seguente un’altra storia, raccontata al medesimo sultano da un altro pazzo di quello stesso ospizio, ov’erasi recato una seconda volta per sollazzo.
NOTTE DLXXV
STORIA
DEL SAGGIO SOLITARIO E DEL SUO ALLIEVO
RACCONTATA AL SULTANO DA UN ALTRO PAZZO.
— In una celletta della principale moschea della città viveva un uomo dotto e pio, il quale aveva scelto quel ritiro per dedicarsi interamente allo studio ed alla meditazione. Era d’uopo d’un’occasione straordinariissima per deciderlo ad uscir dal suo asilo.
Viveva da più anni quella solitaria vita, allorchè, recatosi da lui un giovanetto, lo pregò di riceverlo in qualità d’allievo oppure di schiavo. Piacque il costui aspetto all’eremita, talchè gli chiese quali ne fossero i geni-