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divisero. Ciascuna bagnò il pavimento con acqua di rose ed altri profumi, fregandolo quindi colla stoffa, sinchè divenne lucido come oro. Andarono poi a prendere in una stanza vicina cinquanta sedili, distesero su ciascuno di questi una ricca coperta con cuscini di tessuti preziosi, ed avvicinato quindi un gran divano, e ricopertolo d’un tappeto e di cuscini di broccato d’oro, ritiraronsi. Poco dopo, molte damigelle, in numero pari a quello delle sedie, discesero a due a due dalla scala, e ciascuna venne a porsi sopra uno di quei cuscini. In fine, inoltrossi, seguita da dieci giovani beltà che la collocarono sul divano, una dama molto più leggiadra e riccamente vestita di tutte le altre.

«Confesserò, o signore, che alla sua vista tutti i sensi m’abbandonarono, talchè non seppi celare la emozione che producevano in me la sua bellezza e le rare perfezioni delle quali andava ornata; ma essa, senza accorgersi dell’effetto che produceva su di me, intertenevasi lietamente colle compagne.

«D’improvviso chiamò la madre, entrata la quale: — Hai condotto quel giovane mercatante?» le chiese. — Sì, figliuola, ed è pronto a servirti. — Presentamelo.» La vecchia venne da me, e presomi per mano, mi condusse dalla figlia, seduta sul divano. Il mio contegno, che annunziava imbarazzo e rispetto insieme, la fece sorridere; mi salutò con aria graziosa, e comandando che mi portassero presso a lei una sedia, mi fe’ cenno di sedere; obbedii con molto turbamento.

«La dama allora cominciò a cianciare e scherzare con me. — Che cosa vi pare,» mi chiese, «del mio aspetto e della mia avvenenza? Mi stimate degna della vostra tenerezza, e mi prendereste per compagna? — Come mai,» risposi, «oserei lusingarmi di tanto onore, io che non sono neppur degno di servirvi?