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glio. — La mia tristezza è la medesima,» tornò a dire al ministro, «ed il soggiorno del mio palazzo non mi reca alcun sollievo. Travestiamoci, ed andiamo a passeggiare per la città.» Indossarono abiti da dervis arabi, ed allontanatisi dalla real magione, dopo aver alcun tempo errato a caso, trovaronsi presso uno spedale di pazzi. Entrativi, e vedendo un uomo che stava leggendo ad un suo compagno: — È cosa sorprendente,» disse fra sè il sultano; poi, voltosi a quell’uomo: «È per cagion di follia che sei qui rinchiuso?» gli chiese. — Signore, non son pazzo; ma le mie avventure sono così straordinarie, che se si dovessero incidere su tavole di diamante, sarebbero agli altri un’utile lezione. — Mi fai venir la voglia di conoscerle,» disse il sultano. — Uditele adunque,» ripigliò l’uomo che leggeva, e tosto cominciò di tal guisa:

STORIA D’UN PAZZO.

«— Io era mercatante: possedeva un grosso magazzino pieno d’ogni sorta di merci dell’Indie del massimo valore, e faceva un esteso e vantaggioso commercio. Un giorno, una vecchia, recitando la sua corona, entrò in casa mia, si pose a sedere, e domandò se avessi belle stoffe dell’Indie. Gliene mostrai una bellissima pezza, che molto le piacque, e della quale mi chiese il costo. — Cinquecento pezze d’oro,» risposi. Cavò la borsa, e contatami la somma, se ne andò colla stoffa, sulla quale io guadagnai centocinquanta pezze d’oro. Tornò essa il giorno dopo, e chiestami una pezza simile, me la pagò del pari generosamente; in una parola, per quindici giorni di seguito venne a fare i medesimi acquisti, pagandomi