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«Il sultano, profondamente afflitto, lasciò la madre, ed andando a trovar l’avventuriero, spogliossi, lo rivestì d’un abito d’onore e gli collocò sulla testa l’ombrello reale. — Ora insegnami,» soggiunse, «da quali indizi conoscesti così bene la vile mia origine? — Sire,» rispose colui, «allorché i miei compagni ed io v’ebbimo comprovata l’abilità nostra, voi ci faceste dare, per unica ricompensa, una zuppa e tre pani. Questa maniera alquanto ignobile di premiare i nostri talenti ci fece non poca maraviglia; un principe paga il merito con ricchezze ed onori: voi, per lo contrario, non ci concedeste che meschine provvigioni della vostra cucina, e tanta sordidezza mi porse agio a pensare che foste figliuolo d’un cuoco.» Colpito il sultano dall’aggiustatezza dell’osservazione, finì di spogliarsi di tutte le insegne reali, indossò un abito di dervis, e rapidamente s’involò da un paese cui non si credeva degno di governare.
«L’avventuroso straniero, salito al trono, non dimenticò i suoi compagni di miseria, ed invitolli a palazzo; ma vedendo che non lo riconoscevano, fe’ loro magnifici donativi, e nel timore che un giorno o altro non tradissero la comune origine, ingiunse che tosto uscissero da’ suoi stati. Quando fu tranquillo possessore dell’impero, mise tanta cura ed abilità nell’adempimento de’ propri doveri, che si attirò le benedizioni di tutto il popolo, il quale ogni giorno innalzava fervide preci per la prosperità e durata del suo regno.»