Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/119


105


dre una funambola. Era giovanissima, quand’io la ritirai da una truppa di ballerini ambulanti: l’allevai, e divenne sì bella e compita, che finii collo sposarla, e n’ebbi una figlia che ha ora la sorte di essere vostra favorita.» Tale confessione calmò il sultano, il quale, voltosi con bontà al genealogista, e chiestogli come avesse potuto rilevare un simile segreto: — Sire,» questi rispose, «le acrobate hanno tutte gli occhi nerissimi e folte sopracciglia. Avendo notato nella vostra favorita questi due distintivi caratteristici, ne ho sul momento indovinata l’origine.» Il sultano lo rimandò, raccomandando si avessero i maggiori riguardi sì per lui che pe’ suoi compagni.

«Un giorno, il sultano, più non dubitando dell’abiliià dei nostri viaggiatori, si fissò in testa di voler conoscere la propria origine, talchè fattosi condurre il genealogista della specie umana, gli domandò se fosse in caso di dirgli di qual prosapia fosse uscito. — Certo, ma ci metto una condizione, ed è che qualunque cosa vi dica, mi sarà risparmiata la vita; dice il proverbio: Paventa la collera del potente, poichè s’egli ordina di punire, nessuna dilazione divide l’ordine dall’esecuzione. — Non hai a temer nulla,» riprese il sultano; «te ne dò l’inviolabile mia parola.

«— Ora pongo un’altra condizione alla mia fiducia,» disse l’avventuriere; «che niuno, cioè, si troverà presente quando v’istruirò di ciò che desiderate sapere. — E perchè?» chiese il sultano. — Sire, gli attributi della divinità devono restar coperti dal velo del mistero.» Il sultano fece ritirare tutti i cortigiani. — No, principe,» disse allora il genealogista, «un re non v’ha donata la vita; voi siete il frutto d’un adulterio. —

«A sì tremende parole, il sultano cangiò di colore e cadde svenuto; ripresi quindi i sensi, rimase alcun tempo immerso in meditazione profonda. — Per Dio,»