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fetto. — Un difetto! E quale? — Suo padre era di pura razza, ma ebbe per madre una bufala. — «Non seppe il sultano frenare lo sdegno, ed ordinò al carnefice di troncargli la testa: — Miserabile!» gridando; «come ha mai potuto una bufala produrre un puledro? — Sire,» rispose l’avventuriere, «prima di ordinare il mio supplizio, fate chiamar la persona dalla quale riceveste quel cavallo, ed esigete che vi dica il vero; la mia testa vi è garante di ciò che accadrà. — Acconsento,» rispose il sultano.

«Presentatosi il padrone dell’animale, il principe lo interrogò se lo avesse allevato egli medesimo, oppure lo tenesse da altri. — Non vi nasconderò cosa alcuna, o sire,» rispose colui, «L’origine di questo stallone è sorprendente. Suo padre, che mi apparteneva, era della razza pura dei cavalli marini; non usciva mai dal chiuso nel quale lo aveva serrato, temendo che non me lo rapissero: ma un giorno di primavera, volendo il garzone della scuderia farlo passeggiare, lo condusse nella pianura, dove lo attaccò ad un palo. Essendosi allora avvicinata una bufala, divenne furioso, ruppe ogni ritegno e la inseguì, sicchè dopo il tempo ordinario della gestazione, quella mise in luce codesto poledro, con sommo nostro stupore. —

«Maravigliato il sultano a tal racconto, ma più ancora della perspicacia del genealogista, se lo fece ricondurre davanti, e gli disse: — Non ti sei ingannato, ed io rendo omaggio alla tua abilità. Ma da qual segno hai potuto dedurre che quello stallone era nato da una bufala? — Per la cosa più semplicissima, signore; l’ugna del cavallo è quasi rotonda, mentre quella del bufalo è grossa e lunga come quella di questo animale. Ne conclusi dunque che la madre del vostro stallone apparteneva alla razza dei bufali.

«Il sultano congedò nella maniera più graziosa il