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figliuoli: — Figli miei,» disse loro, «sto per dipartirmi in breve da questo mondo, e prima dell’ora mia fatale, voglio dividere fra voi i beni che qui lascio, affine di portar meco, la dolce speranza, che viviate uniti come conviensi a buoni fratelli: tal è l’ultima mia volontà. — Sarete obbedito,» risposero i figli, chinandosi rispettosamente. — Lascio al primogenito,» riprese allora il sultano, «il trono e la corona; i tesori apparterranno al secondo; cedo al terzo i numerosi bestiami: rispettate questa divisione, di cui la paterna mia sollecitudine vi garantisce l’equità, e prestatevi sempre una reciproca assistenza. Fatte appena queste disposizioni, il buon vecchio si addormentò in grembo all’Eterno.

«I figli del defunto resero al padre gli ultimi uffizi secondo il suo grado. Lavatone il corpo ed accomodatolo, fecero le preci d’uso, e dopo la sepoltura, tornati al palazzo, vi trovarono i visiri, gli uffiziali dello stato e gli abitanti della capitale, che venivano con essi a piangere la perdita del monarca. Tosto l’infausta nuova corse nelle province, ed ogni città mandò deputazioni incaricate di volgere ai principi complimenti di condoglianza.

«Finite le cerimonie, il primogenito chiese di essere proclamato sultano, secondo la volontà del padre; ma avvedendosi che l’ambizione de’ fratelli volea contrastargli la corona, per evitare la guerra civile propose a quelli di rimettersi alla decisione d’uno dei tributari, coll’espressa condizione che quello dei tre al quale sarebbe toccato il trono, regnasse pacificamente. Accettato il patto, i fratelli si diressero, senza seguito veruno, verso la capitale dell’arbitro prescelto.

«Giunti a metà strada, i principi trovarono un luogo ameno, verdeggiante, copiose d’erbe e di fiori, ed irrigato da un ruscello d’acqua limpida; la bel-