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«Essendole stato accordato tale permesso, la nutrice fu immediatamente condotta nella prigione dell’infelice principessa, ove la trovò pallida e lagrimosa: i suoi figli le stavano intorno, sforzandosi, colla loro innocente allegria e le dolci carezze, di distrarla da’ suoi tristi pensieri. La nutrice pianse dapprima con lei, l’abbracciò teneramente, ed avendola indotta a confidare in Dio, cercò di farle concepire la speranza che forse fra poco i suoi mali sarebbero terminati. — Cara nutrice, le vostre parole furono sempre per me un balsamo consolatore; ma non so perchè in questo momento esse sono più potenti dell’usato: sento, per la prima volta, un raggio di speranza destarmisi in fondo all’anima. — È un presentimento di felicità che il cielo t’invia, o figlia! consolati,» riprese la nutrice, «il tuo sposo, dopo innumerevoli pericoli, è alfine giunto in questo paese; ora abita nella mia propria casa, e fra poco ti sarà vicino.» La gioia che provò in quel punto la povera prigioniera fu per divenirle fatale; ma la vecchia, avendole fatto respirare alcuni odori, ricuperò i sensi, e volse al cielo le prime parole che potè proferire. Quando la nutrice la vide al tutto ristabilita, l’abbracciò teneramente, e lasciolla per ritornare da Azem, a cui, dopo aver narrato la risoluzione presa dalla regina e dalle sorelle, consigliò di rapire la moglie al più presto possibile.
«Azem, fuor di sè, versava lagrime di dolore e di rabbia, ascoltando il racconto della crudeltà della regina, ed ardeva d’impazienza di trovarsi riunito alla diletta del suo cuore. Quando fu notte, la vecchia lo condusse appiè della torre, ove stava chiusa la principessa, ed avendogli dati tutti gli schiarimenti necessari, lo raccomandò al santo Profeta, ed affrettossi a lasciarlo. Azem passò il resto della notte pregando, e quando vide comparire l’aurora, mise in testa