Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/87


75


NOTTE CDXVIII


La domane, Scheherazade, coll’approvazione del sultano, ripigliò di tal guisa il racconto:

— «Sire,» rispose l’intendente, «sono colmo dei benefizi della maestà vostra e di quelli del sultano suo padre, di felice memoria, al punto che più non mi resta a desiderare se non di morire nella sua grazia. —

«Così preso congedo da Khosru-Schah, passò poi alla casa di campagna da lui fatta edificare, insieme co’ due giovani Bahman e Perviz, e la figliuola Parizade. Sua moglie era già morta da vari anni. Non ebb’egli vissuto cinque o sei mesi con essi, che subitanea morte il rapì in guisa da non lasciargli tempo di dire una sola parola sulla verità della loro nascita: cosa nondimeno ch’egli aveva risoluto di fare, considerandola necessaria per obbligarli a continuar a vivere come avevan fatto sin allora, secondo il proprio stato e la condizione loro, conforme all’educazione ad essi data, ed all’inclinazione che ve li portava.

«I principi Bahman e Perviz, e la principessa Parizade, non conoscendo altro padre fuor dell’intendente de’ giardini, lo piansero come tale, e gli resero tutti gli uffici funebri che l’amore e la gratitudine filiale esigevano. Contenti dei grandi beni ereditati, continuarono a vivere assieme nella stessa concordia che stretti li aveva sin allora, senza ambizione, per parte de’ principi, di comparire alla corte, nella mira d’aspirare alle prime cariche ed alle dignità cui sarebbe stato lor facile di pervenire.