Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/788


378


permettete che vi conduca alla fortezza di Hervat, dove il bravo Selim comanda in vostro nome sotto i miei ordini; colà potrete aspettare che il cielo cambi il cuor de’ ribelli, o confonda la loro audacia; là, almeno, non avrete un soldato che non riponga la sua felicità nel morire ai vostri piedi per difendervi»

NOTTE DXLIX

— Sopraffatto da quel colpo terribile, Safeddin non rispose al fedele Morad che con uno sguardo in cui vedevansi dipinti il dolore e la riconoscenza. Egli si volse poscia verso lo scheik, come per chiedergli il suo parere in una congiuntura così critica. — Partiamo,» gli disse il sant’uomo, «partiamo, o signore, senza differire; riceviamo il male che Allah c’invia, ed aspettiamo il bene che ci riserba. —

«Tosto il sultano incaricò Morad di tener i cavalli pronti ad una porta del serraglio, dov’egli stesso si recò travestito da schiavo insieme allo scheik. Essi partirono tutti e tre, e battendo sempre vie remote, giunsero in salvo a Mervat, sui confini della Palestina.

«Intanto, Schabur avanzavasi verso Damasco coi complici della sua ribellione. Egli fu ricevuto fra gli applausi del popolo, ognor amante di novità; ma quei vani applausi non lo consolarono della fuga del sultano. Schabur, come tutti i grandi colpevoli, pensava che un gran delitto non è funesto al suo autore se non quando non osa o non può consumarlo. Così, allorchè seppe che Safeddin erasi rifug-