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NOTTE DXLVIII

GLI UCCELLI DELLA MONTAGNA DI KAF.

— Safeddin-Ali, sultano di Damasco, era un principe buono, ma poco religioso ed estremamente vano, che si piccava d’una politica profonda, e credevasi abile, non avendo provata ancora la cattiva fortuna. Eravi alla sua corte lo scheik Ibrahim, soprannominato il Favorito del Profeta, e benchè egli non consultasse mai quel santo dottore, non credendo nel dono dei miracoli compartitogli dal cielo, almeno rispettava, con tutta l’Asia, l’eminenza delle sue virtù e la sublimità del suo sapere.

«Un giorno che conversava seco lui familiarmente, gli disse: — Favorito del Profeta, che cosa pensate voi della prosperità del mio regno, e delle basi su cui l’ho fondato? Io ho studiato gli uomini e da filosofo e come re, e mi vanto di ben conoscerli; è per questo che mi fu impossibile decidermi ad affidare il sigillo e la spada dello stato all’emiro Morad, vostro amico; egli non manca di buon senso e di valore, e con vengo con voi che possiede tutte le virtù di un buon musulmano; ma, caro mio dottore, non è della stoffa da farne un visir. Io ho preferito Schabur, nel quale ho trovato idee più estese e principii meno rigidi, genio, attività, scaltrezza, insomma quanto ci voleva per entrare nelle mie viste e secondarle. L’avvenimento ha giustificata la mia scelta; secondo il piano che gli feci, Schabur ha battuto il sultano d’Aleppo, ne prese le piazze più forti, e lo ridusse a segnare