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«— Sire,» rispose Dgerberi, «quand’anche non avessi premesso di far vedere a vostra maestà una delle meraviglie del mondo, questa storia e tutte le pietre che qui veggo mi ci avrebbero indotto. Le avventure di codesto mercante e le mie provano che il caso è più favorevole delle più faticose ricerche per far ritrovare le belle cose. —

«Allora gli mostrò il maraviglioso carbonchio; il, re ne rimase abbagliato, ed il mercante di Balsora, a tal vista, chiuse via prontamente tutte le sue gemme, si ritirò. Dgerberi disse al re: — Principe, questa pietra dovendo senza dubbio appartenere al più gran monarca della terra, non deve escire dalla vostra corte; io supplico vostra maestà di accettarla, e son troppo lieto che la fortuna m’abbia scelto per presentarvela.—

«Il re, lusingato da quel discorso, e commosso di tanta generosità, disse al visir di dargli in prima cinquecentomila dramme d’argento, mille pezze di broccato, due cavalli e dieci abiti d’onore. — Non è tutto,» aggiunse poi; «io voglio sapere come questo stupendo carbonchio sia caduto nelle vostre mani. — Non solo vostra maestà ne sarà istruita,» rispose Dgerberi, «ma saprà anche tutto quello ch’è accaduto ad uno de’ suoi fedeli schiavi, se ha la compiacenza di dargli un momento di udienza. —

«Acconsentì. Dgerberi gli narrò le sue avventure, ed il re, ammaliato di tutti i buoni sentimenti scoperti in lui, non volle più separarsene, e io creò suo visir, l’altro non convenendogli più per ragioni particolari: Dgerberi occupò quella carica con onore fino alla sua morte.

«Il giorno comparve mentre la sultana finiva la storia di Dgerberi. Schahriar, alzandosi, accolse favorevolmente la promessa fattagli da Scheherazade di raccontarne un’altra la mattina seguente, come fece infatti nel solito modo e nei seguenti termini: