Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/782


372


giorno, pose in terra la pietra, e quando fu alquanto lontano per cercarsi il cibo di suo gusto, Dgerberi gettò sulla pietra il fango raccolto. Il toro, non vedendo più luce, si precipitò nel mare, mandando spaventosi muggiti, e Dgerberi s’impadronì del carbonchio, che non aveva eguale.

«Lieto di quella fortuna, non pensò più che a far ritorno in patria. La sorte lo favorì, facendogli trovare una nave che lo condusse sino ad Ormuz; attraversò tutta la Persia, e sapendo che il re di questo paese amava molto le pietre preziose, e ne raccoglieva da tutte le parti dell’universo, si fece presentare al monarca come un uomo che poteva offrirgli il più bel pezzo che in questo genere avesse mai veduto.

«Il monarca stava allora con un gioielliere di Balsora, che facevalo stupire per la quantità, la magnificenza e la beltà delle gemme che gli mostrava. Il re, lieto di poter confondere la vanità d’un mercante, il quale si faceva annunciare in modo sì pomposo, ordinò di farlo entrare appunto nel momento che il negoziante di Balsora presentavagli, in fatto di gioie, quanto credeva esservi di più bello.

«Dgerberi comparve precisamente nel mentre il mercante di Balsora diceva al re: — Vostra maestà non deve meravigliarsi di tutti i capolavori della natura ch’io le presento; quando saprà da qual parte mi sono venuti, la cosa le sembrerà più semplice. —

«Il re avendogli attestato che ascolterebbe con piacere in qual modo avesse adunate tante ricchezze, il mercante riprese la parola, e disse: — Mio padre era povero e pescatore di professione. Noi eravamo un dì con lui, i miei tre fratelli ed io, nel suo battello; gettammo le reti, dopo avere invocato il gran Profeta perchè ci concedesse una pesca favorevole, e fu con infinito stento che le ritirammo, tanto il peso n’era enorme. Finalmente, giungemmo a tirarle