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zie, umiliazioni e guai mortificanti alla sultana loro cadetta. Esse non avevano avuto il tempo di comunicarsi l’un l’altra i propri pensieri intorno alla preferenza dal sultano data questa con loro pregiudizio, a quanto pretendevano. Ma allorchè fu loro possibile di rivedersi alcuni giorni dopo il matrimonio in un bagno pubblico, dove si eran dato convegno: — Or bene, sorella,» cominciò la maggiore, «cosa dite della nostra cadetta? Non è un bel soggetto per essere sultana? — Vi confesso,» rispose l’altra, «che non c’intendo nulla; non capisco quante attrattive abbia trovato il sultano in lei per lasciarsi affascinare come ha fatto. Ella è una vera marmotta, e voi sapete in quale stato noi l’abbiamo veduta. Era una ragione bastante pel sultano, onde non gettasse gli occhi sulle nostre persone, quell’aria di giovinezza ch’ella ha un po’ più di noi? Voi eravate degna del suo letto, e doveva rendervi la giustizia di preferirvi.

«— Sorella,» riprese la più attempata, «non parliamo di me; non avrei nulla a dire se il sultano vi avesse scelta; ma che abbia prescelto una bruttaccia, è quello che mi affanna: me ne vendicherò ad ogni costo, e voi ci siete interessata al par di me. Vi prego adunque di unirvi meco, affinchè operiamo di concerto in una causa come questa, che c’interessa egualmente, e parteciparmi i mezzi che immaginerete adatti a mortificarla, promettendovi di mettervi a parte di quelli che la mia voglia di umiliarla sarà per suggerirmi. —

«Dopo tale pernicioso complotto, le due sorelle si videro di frequente, ed ogni volta non discorrevano d’altro se non delle vie da prendere per intorbidare ed anche distruggere la felicità della sultana loro cadetta. Molte se ne proposero: ma deliberando sull’esecuzione, vi trovarono tante difficoltà, che non osarono arrischiare di servirsene. Intanto, tratto tratto