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la sua professione coll’eguale profitto di prima, e soprattutto per vendicarsi dei facchini.

«Stava un giorno seduto davanti alla porta del palazzo del gran visir, quando una donna piangente venne a’ suoi fianchi per aspettar l’ora dell’udienza di quel ministro; Dgerberi le domandò la causa delle sue lagrime. — Ah!» disse colei, «ieri hanno assassinato mio figlio; egli è venuto a cadere dinanzi la mia porta, trafitto di molte ferite, ed è morto senza aver avuto il tempo di pronunciare il nome del suo assassino: era il mio unico sostegno; io vengo a pregare il visir di far ritrovare il suo uccisore, per non lasciarne almeno invendicata la morte.

«— Avete qualche schiarimento da dargli?» soggiunse il giovane.

«— Aimè! no, e ciò raddoppia il mio dolore. Io sono vedova d’un mercante: mio figlio era giovine e sperava che fosse stato il mio appoggio. Il visir mi risponderà, senza dubbio, che in una città, sì grande come Bagdad è difficile scoprire l’omicida d’un uomo, se non puossi dargli qualche schiarimento.

«— Ascoltatelo col rispetto dovuto alla sua dignità,» rispose il giovane; «ma se non trova il mezzo di contentarvi, ditegli che se Dgerberi il facchino fosse visir, saprebbe ben egli trovar l’assassino di vostro figlio. —

«La madre desolata non contò molto su d’un sì debole soccorso; pure ringraziollo. Tutto ciò ch’essi avevano preveduto accadde; il visir medesimo, stanco delle lagrime di quella donna, ordinò di farla uscire; allora essa, cadendo ai suoi piedi, gli disse: — Signore, degnatevi consultare Dgerberi il facchino, ed io conoscerò l’uccisore di mio figlio. — Almeno è uno schiarimento che mi dai; l’accusi dunque d’aver assassinato tuo figlio? — No, signore,» rispose la don-