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NOTTE DXLVI

— Egli fu abbastanza fortunato, malgrado la rapidità della corrente, di salvare quella sventurata che stava in procinto di perdere le forze e d’annegarsi. La portò a terra, e quando fu riavuta dallo spavento, quella donna pregollo d’accompagnarla fino alla sua casa, che gl’indicò. Dgerberi vi acconsentì, e giunto alla porta, udì la voce di fanciulli che piangevano, chiamando la madre. Entrati in casa, la donna che aveva salvata gli parve di sorprendente bellezza; ella lo costrinse a sedere, fè accendere fuoco per asciugarsi gli abiti, e gli narrò la sua avventura, interrompendosi sovente per dimostrargli la propria gratitudine.

«— Or son sei mesi,» gli raccontò quella donna, «una vecchia entrò in casa mia, e mi disse: — Io non ho mai mancato di sentire le prediche che si fanno nella grande moschea; ma oggi ebbi alcuni affari che m’hanno impedita di fare la mia purificazione; sapete che non posso entrare nella moschea senza aver compito questo dovere; vi prego di darmi un vaso d’acqua. —

«Le accordai ciò che mi domandava: si purificò, e recatasi alla moschea, venne quindi a ringraziarmi. Io volli trattenerla a pranzo, non potendo far meglio, a mio credere, quanto attirarmi in casa una donna che pareva vivere sì divotamente, ed impegnarla a pregar Dio per mio marito, che trovasi assente. Ma ella rifiutò dicendo; — Figliuola, io pre-