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lungo che gli fu possibile; ma infine fu costretto a disfarsene per pagare i debiti, perchè amava la giustizia non voleva rendere alcuno vittima delle sue pazze spese e del credito accordatagli.
«In poco tempo si trovò dunque senza beni, e per conseguenza senza amici. Per fortuna, la natura avevalo dotato d’una forza e d’una salute non alterata dai piaceri; talchè, non avendo altra risorsa, si mise a fare il facchino, e fu in breve preferito a tutti quelli che esercitavano tal professione a Bagdad, a cagione dei pesi enormi che portava, e della intelligenza, probità ed allegria con cui lavorava, perchè al consiglio datogli dal padre di non pensare l’oggi a ciò che doveva fare la domane, egli aggiunse l’abitudine di dimenticare il giorno quanto avea fatto la vigilia. Laonde, in breve potè stimarsi l’uomo più felice della città; il suo lavoro, che faceva volentieri, bastavagli: non dipendeva più dai piaceri ond’era stato schiavo: conosceva la falsità degli amici e la loro ingratitudine: era stimato nella sua professione: non lavorava se non quanto gli bastava per la di lui sussistenza; infine, non aveva moglie, nè figli, e ciò senza dubbio è una vera felicità.
«Tornando una volta, verso mezzanotte, da una casa di campagna, dove aveva portato un collo, sentì, costeggiando le rive del Tigri, una voce femminile uscire dal seno delle acque, che gridava: — In nome di Dio, aiuto!» Il suono di quella voce era sì commovente, che Dgerberi non esitò a spogliarsi e gettarsi nel fiume.»
I primi albori facendosi vedere, la sultana delle Indie rimise alla notte seguente la continuazione del suo racconto.