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cercare, colmò di doni il principe d’Egitto e gli diè una superba pelliccia.

«Il re di Serendib non soggiornò a lungo in Vafir, e ne partì subito per tornare a’ propri stati; nè potendo più dipartirsi da Seifulmulok, lo condusse seco a Serendib, e non trascurò nulla per rendergliene dilettevole il soggiorno.

«Un giorno, Seifulmulok, tornando da caccia, vide fra la gente un giovine che somigliava al suo amico Said. Fattolo venire, gli domandò di qual paese fosse. — Io son Egiziano, e mi chiamo Said; sono tre anni che soffro lungi dal mio paese.» Il principe fu sì lieto d’aver ritrovato l’amico, e sentì si vivamente il rimprovero che lo stato in cui vedevalo faceva al suo cuore, che non potè trattenersi di saltargli al collo e stringerselo al seno, provando amendue la più viva gioia di rivedersi.

«Allorchè il principe ebbe raccontato a Said le proprie avventure, questi gli disse, a sua volta, che, lorquando la tempesta ebbe infranta la nave su cui trovavasi, egli s’era salvato su d’alcuni rottami, che il mare spinse contro un’isola.

«— Io era disperato di vedermi diviso dal mio principe; pure la speranza di ritrovarlo un giorno, non mi abbandonò, e tale speranza mi diede nuove forze. I frutti dell’isola erano eccellenti, e mi sollevarono dalla fatica provata in mare; ma non fui molto a pentirmi del soggiorno che vi feci.

«Non aveva notato che quell’isola era piena di scimie, e quando me n’accorsi, esse non mi cagionarono verun timore, nè diffidenza alcuna. I loro salti e l’agilità loro mi offrivano uno spettacolo gradito. Un giorno, esse approfittarono del mio sonno per rinchiudermi in una gabbia di legno che sospesero ad un albero, intorno al quale facevano guardia, danzando e mandando urla orribili. Sulle prime